Quando in un bosco ne percepisci la bellezza e diventi tutt'uno con il bosco, allora, intuitivamente, sei in armonia e in pace con le Dee e con gli Dei. Essi sono parte della nostra vera natura, la nostra Natura Profonda, e quando siamo separati dalla nostra vera natura, viviamo nella paura. Percepire questa normalità vuol dire dare un senso reale al vivere che è insito in tutte le cose.

Intraprendere la Via Romana al Divino significa iniziare un percorso di risveglio: praticando l'attenzione e la consapevolezza continua ci incamminiamo lungo una strada sapendo che ciò che conta è il cammino per sè più che la destinazione.

When you, entering a forest, perceive the beauty of the forest and you feel to be in a complete harmony with it, then, intuitively, you are in peace with the Deities. They are an essential part of our real nature, our Deep Nature, and when we are separated by our real nature we live in the fear. Perceiving such normality means giving a real sense to our lives.

Undertaking the Roman Via to the Deities implies a path to awakening: with the practice of continuing consciousness and awareness we undertake our walking knowing that taking the path is more important than the destination itself
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Arvales Hic et Nunc (italiano/English)

Essere Arvale oggi significa fare parte di una grande Famiglia Spirituale di donne e di uomini che credono fermamente nella forza della libertà insita nelle leggi della Natura, nella forza della bellezza e della purezza degli Dei e delle Dee presenti nel Mondo, nella Natura e nell'Universo. 

Essere Arvale significa assumersi l'impegno di restituire dignità al silenzio per ascoltare il mormorio del vento, la voce del frusciare delle foglie. la melodia di un campo di grano, il canto degli uccelli.

Essere Arvale significa maturare una consapevolezza ovvero coscienza che Colere Deos/Deas significa anche coltivare sè stessi, essre presenti a sè stessi, riscoprire il senso del limite, il rispetto per la Natura ed i suoi beni, la dignità della dimensione rurale. Questo vuol dire avere coscienza del lavoro agricolo, delle piante e degli alberi, degli animali, del selvatico e del coltivato. Ciò significa, nel senso può reale del termine, tradurre la propria spiritualità in una pratica etica di azione quotidiana

Colere descrive non casualmente le modalità del rapporto con il Divino ed anche l’atto della coltivazione della Terra, avere cura della coltivazione, seguendo le leggi più intime della Natura. Coltivare la terra e coltivare gli Dei/Dee esprime quindi un rapporto attivo di cura, di opera, di attività basato sulla percezione di leggi immutabili della Natura e dell’Universo di cui fa parte anche l’uomo e la donna, la famiglia, la comunità e lo Stato.

Coltivare le piante nel rispetto delle leggi Naturali e coltivare gli Dei/Dee, come fa il buon contadino, significa esercitare in primo luogo la Virtù, una disciplina dello spirito, la pratica e l’esercizio di un sapere antico che rimanda agli Antenati (mos maiorum). Riconoscendo la presenza del Divino nella Natura, nelle piante e nella pratica della coltivazione e considerando l’agricoltura stessa come dono divino, si riconosce un modo di “coltivare” la vita stessa.

Colere Deos/Deas e Colere Agros consentono quindi di realizzare un uomo e una donna con salde radici nella propria terra e nel proprio spirito, nello Spazio e nel Tempo.

Il lavoro agricolo torna ad essere un'attività sacra perché è un rito rivelato dal Divino tramite un mito. Torniamo a dedicarci al lavoro nei campi, così come per la pratica religiosa, non per ottenere qualcosa, nel senso profano del termine, ma per giungere al miglioramento di noi stessi perché si mira a nutrire il corpo e lo spirito come entità che si fondono in ciascun individuo. Riallacciarsi agli Dei/Dee è quindi anche sinonimo di riallacciarsi alla Natura, alle sue Energie, ai suoi tempi e ai suoi ritmi: la vita diventa più semplice (sin-plex: senza piega), più “naturale” e quindi più frugale perché la parte fisica e quella spirituale si ricongiungono in pace ed in armonia.

Colere Deos/Deas, Colere Agros quindi descrivono lo stesso concetto: una modalità di approcciarsi al Divino che coincide con quello di approcciarsi alla Terra e alla Natura sulla base, in entrambi i casi, del “rispetto”, della percezione del “limite” ad indicare il nostro giusto posto nell’ordine delle cose.


Come Arvales torniamo a guardare la Terra anche per mezzo dei saperi tradizionali che ruotano intorno ad essa che si manifestano sotto forma di  prassi, prodotti e cibo. La terra, i ritmi della Natura ed il lavoro nei campi possono rappresentare il fulcro intorno al quale può ruotare una comunità di uomini e di donne. Un fulcro che si deve ispirare al criterio della frugalità e della semplicità.




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Being Arval today means to be part of a great Spiritual Family composed of women and men who strongly believe in the Force of Freedom linked to the Laws of Nature, the Force of the Gods'/Goddesses' Beauty and Purity inside the Earth, Nature and Universe.

Being Arval today implies undertaking the committment to give dignity to "silence" in order to listen to the murmur of wind, the voice of the leaves' whish, the melody of a field, the birds' singing.

Being Arval today means to develop an awareness: it means to have the consciousness that Colere Deos/Deas implies also cultivating the individual personality, rediscovering the meaning of the "limits", understanding what is really important for each of us, respecting Nature and her gifts, the dignity of the rural dimension. All this involves an awareness about role and value of agricultural works and activities, plants and trees, animals, the cultivated and the wild spheres. All this means, in the most concrete sense, translating a personal spirituality into an ethical praxis of everyday action. 



Cultivating plants and cultivating Deities are forms of respecting the natural course, practicing a virtue, a spiritual discipline, an ancient knowledge linked to the Ancestors. When acknowledging the living presence of the Deities in Nature, any action of cultivating represents a way to improve and cultivate the individual material and spiritual life. This explains why any activity related to Earth and Nature (i.e. agriculture itself) is considered sacred because fundamentally seen as a rite.



As a good farmer, a modern Arval, as in the past, practices a conscious attention towards signs and signals coming from Gods/Goddesses also as energies of Nature: he/she makes all considered necessary to live in harmony with those energies and forces giving life to reality (Pax Deorum).



Religion and agriculture become thus very similar spheres because both dimensions imply a (re)connection with Nature, her energies, time and rhythms where physical and spiritual elements are (re)joined together.



This living flow is sacralised in several Divine expressions as manifestations of rhythms of life, signs and values coming from a living environment speaking not only a biological and physical language but also a spiritual one.



Today the concept of Colere Deos/Deas is likely to have therefore greater importance: it implies, among others, an opportunity to understand again the language of Nature and the Universe to communicate again with our Mother Earth.


As Arvales we look again at the Nature also through traditional skills and expertises in agricultural and rural life which are often translated into methods, approaches, products and food. Our Mother Earth, the rhythms of the Nature and working in the country can represent a focus inspiring a community of women and men, even through the web, on the principles of frugality and semplicity.

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