Quando in un bosco ne percepisci la bellezza e diventi tutt'uno con il bosco, allora, intuitivamente, sei in armonia e in pace con le Dee e con gli Dei. Essi sono parte della nostra vera natura, la nostra Natura Profonda, e quando siamo separati dalla nostra vera natura, viviamo nella paura. Percepire questa normalità vuol dire dare un senso reale al vivere che è insito in tutte le cose.

Intraprendere la Via Romana al Divino significa iniziare un percorso di risveglio: praticando l'attenzione e la consapevolezza continua ci incamminiamo lungo una strada sapendo che ciò che conta è il cammino per sè più che la destinazione.

When you, entering a forest, perceive the beauty of the forest and you feel to be in a complete harmony with it, then, intuitively, you are in peace with the Deities. They are an essential part of our real nature, our Deep Nature, and when we are separated by our real nature we live in the fear. Perceiving such normality means giving a real sense to our lives.

Undertaking the Roman Via to the Deities implies a path to awakening: with the practice of continuing consciousness and awareness we undertake our walking knowing that taking the path is more important than the destination itself
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lunedì 14 settembre 2015

Prometeo ed il problema del "mito"

Una lettrice di questo blog, blogger e conoscitrice di Scienza Sacra, mi ha chiesto di scrivere alcune considerazioni sul mito di Prometeo. Si tratta di una questione molto importante poichè quello di Prometeo costituisce uno dei miti della tradizione greca alla base della religiosità tradizionale antica, tra le quali si colloca la Spiritualità Tradizionale Romana.

Si tratta di un mito molto complesso e difficile: scrivere questo post mi ha richiesto molto tempo.

La maggiore difficoltà deriva dal fatto che questo mito, come tutti i miti nel loro significato, valore e ruolo più autentico, sono racconti, gruppi di parole relativi agli Dei e alle Dee a forte valenza religiosa, destinati ad un gruppo ristretto di inziati, che devono trasmettere un sapere segreto non accessbile alle persone comuni. Del mito, tutto è estraneo al profano.

L'oggetto del racconto mitico è costituito da verità profonde e nascoste dell'esistenza - una teologia segreta - la cui narrazione non mira ad affascinare un potenziale auditorio, ma a provocarlo e a dissuaderlo se non iniziato.

Talora il racconto mitico si esprime per enigmi che aggiungono un'ulteriore valenza sacra: sottolineo il termine "racconto" (Vox) poichè la trasmissione del mito in forma scritta rappresenta già una prima forma di profanazione. Per questo il mito non è mai un dogma: esso appare fluido con una gamma di versioni perchè filtrato dalla spiritualità di chi, una volta compreso nella sua essenza più profonda, lo articola al livello di logos.

Per questa ragione, la lettura formale di un racconto mitico per dei profani e/o per i moderni appare come una favola "non-sense" per lo più sciocca, contraddittoria ed incomprensibile.

Il racconto mitico non è mai chiaro e non può esserlo: è contraddittorio, il vero ed il falso sono confusi, simboli, paradossi, significati, allegorie, enigmi, livelli di comprensione sono difficili da discernere. Tanto più il mito parla di verità immediate, naturali, elementari e basilari, tanto più difficile sarà cogliere il suo significato. Il suo messaggio più autentico è quindi accessbile solo dopo un lungo percorso di preparazione interiore. Il mito quindi è il terreno su cui si coltiva la spiritualità tradizionale del Cultor e della Cultrix.

Se ciò vale per tutti i miti, ciò è particolarmente vero per il mito di Prometeo che è un mito "fondante".

Sulla base di queste premesse per me diventa veramente difficile "scrivere" del mito di Prometeo, dare spiegazioni di questo o di quello. Cosa posso scrivere? Di questi argomenti ho una conoscenza così limitata. Alcune cose mi sono state riferite, e di altre mi è sempre stato consigliato di non parlarne. Figuriamoci scriverne su un blog: potrebbe dare adito a moltissimi fraintendimenti ed equivoci. Basta pensare all'epiteto che viene dato a Pandora - la Donna - come "Bel Male", regalo ("Dono di tutti gli Dei") avvelenato che i Divini hanno fatto all'umanità per punirla. 

L'unica cosa che posso fare è invitare i Cultores e le Cultrices a leggere fra le righe del mito, a ragionare sui suoi più profondi significati. Posso solo evidenziare che questo mito alla fine descrive la condizione umana posta in un livello intermedio fra i Divini e gli animali, la caratteristica dell'umanità di muoversi fra astuzia e stupidità (Prometeo ed Epimeteo), la definizione dei riti basilari, la nascita delle istituzioni civili (ad es. il matrimonio), il ruolo delle pratiche agricole, il fatto che tutto ciò che è legato all'umanità è precario e necessita di sostentamento (il fuoco degli uomini ed il fuoco Divino), ecc...

Ma la cosa che mi pare più utile mettere in luce è come questo mito si fondi sull'idea di "nascondere", di "celare", l'inganno dell'apparenza. Viviamo in una realtà dove il bene e il male sono intimamente legati e nascosti l'uno dentro l'altro. Come nello yin e nello yang i benefici sono nascosti ed intersecati nei malefici e viceversa. La Natura appare in questo modo all'umanità: esiste un velo di inganno, di illusione che non ci fa vedere cosa si celi dietro la realtà.

La sapienza (nel senso più profondo ed autentico del termine) è l'unica via per fugare le apparenze e riuscire a distinguere la realtà "vera" senza cadere negli inganni. 

Proseguiamo lungo la Via.

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