Quando in un bosco ne percepisci la bellezza e diventi tutt'uno con il bosco, allora, intuitivamente, sei in armonia e in pace con le Dee e con gli Dei. Essi sono parte della nostra vera natura, la nostra Natura Profonda, e quando siamo separati dalla nostra vera natura, viviamo nella paura. Percepire questa normalità vuol dire dare un senso reale al vivere che è insito in tutte le cose.

Intraprendere la Via Romana al Divino significa iniziare un percorso di risveglio: praticando l'attenzione e la consapevolezza continua ci incamminiamo lungo una strada sapendo che ciò che conta è il cammino per sè più che la destinazione.

When you, entering a forest, perceive the beauty of the forest and you feel to be in a complete harmony with it, then, intuitively, you are in peace with the Deities. They are an essential part of our real nature, our Deep Nature, and when we are separated by our real nature we live in the fear. Perceiving such normality means giving a real sense to our lives.

Undertaking the Roman Via to the Deities implies a path to awakening: with the practice of continuing consciousness and awareness we undertake our walking knowing that taking the path is more important than the destination itself
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lunedì 12 novembre 2012

Colere Deos/Deas

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Una delle parole più importanti della Religione Tradizionale Romana è certamente il verbo colo (inf. colere) da cui deriva l’esspresione: Colere Deos/Deas. Questa espressione sintetizza un particolare modo di sentire e di vivere, che è ancora molto presente fra i Cultores contemporanei, e descrive la caratteristica di colui/colei dotato di virtus e pietas.

Coltivare gli Dei/Dee è un’opera che richiede un impegno personale costante ed una forza tranquilla: lo strumento principale per alimentare questa forza tranquilla è la pratica della Virtus che è il principio fondamentale per intraprendere la Via e mantenersi sul suo percorso. Una disposizione adeguata dello spirito quindi, che si materializza in riti, cerimoniali ma soprattutto in alcuni valori fondamentali. Innanzitutto la Fides che descrive la reciproca obbligazione religiosa e morale tra l'umanità ed il Divino, e fra tutti gli uomini. La Fides si esprime nella lealtà, fedeltà, onestà negli atti e nelle parole, nella vita pubblica e privata, nella reciproca fiducia e sicurezza. Vi è poi la Constantia ovvero assoluta coerenza e saldezza di principi e propositi. Essa traspare nella quotidianità per mezzo della fermezza e la perseveranza negli atteggiamenti. Quindi deve essere segnalata la Gravitas, una forza tranquilla e sicura di coscienza del proprio valore morale. Si manifesta nella dignitosa compostezza degli atti e delle parole.

E’ importante evidenziare che il verbo colere descrive anche l’atto della coltivazione della Terra, avere cura della coltivazione, seguendo le leggi più intime della Natura. Coltivare la terra e coltivare gli Dei/Dee esprime quindi un rapporto attivo di cura, di opera, di attività basato sulla percezione di leggi immutabili della Natura e dell’Universo di cui fa parte anche l’uomo e la donna, la famiglia, la comunità e lo Stato.

Coltivare le piante nel rispetto delle leggi Naturali e coltivare gli Dei/Dee, come fa il buon contadino, significa esercitare in primo luogo la Virtù, una disciplina dello spirito, la pratica e l’esercizio di un sapere antico che rimanda agli Antenati (mos maiorum). Riconoscendo la presenza del Divino nella Natura, nelle piante e nella pratica della coltivazione e considerando l’agricoltura stessa come dono divino, si riconosce un modo di “coltivare” la vita stessa.

Per questo motivo, come il buon contadino, il Cultor, oggi come in passato, compie tutti quegli atti destinati a vivere in armonia con quelle forze ed energie che riempiono la realtà. “Coltivare gli Dei/Dee”, con gli strumenti della Pietas e della Virtus, significa incamminarsi sulla Via Romana diretta a conseguire la Pax Deorum. Colere Deos/Deas e Colere Agros consentono quindi di realizzare un uomo e una donna con salde radici nella propria terra e nel proprio spirito, nello Spazio e nel Tempo.

Questo approccio spirituale spiega ad esempio perché il lavoro agricolo debba essere considerato un'attività sacra perché è un rito rivelato dal Divino tramite un mito. Lo scopo dell’agricoltura, così come della pratica religiosa, non è quello di ottenere qualcosa, nel senso profano del termine, ma giungere al perfezionamento dell’essere umano perché si mira a nutrire il corpo e lo spirito come entità che si fondono in ciascun individuo. Riallacciarsi agli Dei/Dee è quindi anche sinonimo di riallacciarsi alla Natura, alle sue Energie, ai suoi tempi e ai suoi ritmi: la vita diventa più semplice (sin-plex: senza piega), più “naturale” e quindi più frugale perché la parte fisica e quella spirituale si ricongiungono in pace ed in armonia.

Colere Deos/Deas, Colere Agros quindi descrivono lo stesso concetto: una modalità di approcciarsi al Divino che coincide con quello di approcciarsi alla Terra e alla Natura sulla base, in entrambi i casi, del “rispetto”, della percezione del “limite” ad indicare il nostro giusto posto nell’ordine delle cose.

Non casualmente. da questo verbo derivano quindi i termini cultura e cultus: sono proprio i termini cultus e Cultor che descrivono l’attenzione nei confronti dei segni e delle voci che provengono dagli Dèi, in primo luogo come energie vivificanti la Realtà e la Natura, ma anche come componenti intrinseche dell’essere civis perno centrale della civica, della comunità e dello jus civile.

La percezione di questo flusso vivificante trova molteplici espressioni divine che diventano espressioni sacralizzate di un ritmo vivente, di segni, segnali e valori di una rete in comunicazione continua che parla con un linguaggio biologico e fisico ma anche meta-fisico.

Per questo il concetto di Colere Deos/Deas è oggi un principio religioso di grande importanza perché significa anche tornare a capire il linguaggio della Natura, del Mondo, dell’universo: vuol dire ricreare un linguaggio che permetta di tornare a comunicare con la Terra.


Questo forte legame fra il rendere onore alla Natura come espressione del rendere onore al Divino venne spezzato con il cristianesimo: Agostino definisce la natura “massa diaboli et perditionis” e tale concezione alla base della laicizzazione moderna della natura (1). Tale visione è alla base della moderna de-sacralizzazione della Natura che viene vista solo come oggetto, una massa disorganica di materia inerte, che può essere manipolata dalla scienza e dalla tecnologia.

Senza il suo significato religioso, lo stesso lavoro agricolo diventa profano, squallido e privo di senso e lo stesso accade per tutte le attività umane che vengono svuotate di questo contenuto sacro. Gli effetti di questa privazione li vediamo tutti i giorni sia a livello ambientale che a livello della qualità della salute fisica e psichica dell’umanità.

Coltivare gli Dei/Dee è quindi un percorso di ricongiungimento, una Via, per tornare ad essere una cosa sola con la realtà, la Terra, la Natura che oggi appaiono totalmente separate da noi da un muro insormontabile solo apparentemente risolto con l’illusione della scienza e della tecnologia. Quando si torna ad essere parte della Natura, senza la pretesa di dominarla quindi senza la pretesa di dominare gli Dei/Dee, allora la realtà e la Natura cessano di diventare una fonte di ansia, di paura e di preoccupazione.

(1)
-->Sermonti G. (1982), “L’anima scientifica”, La Finestra, Rome

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